Vediamo cos’è il G7?
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
Farmesina
Il G7 è un foro di dialogo informale che riunisce sette Paesi altamente industrializzati (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti, cui si aggiunge l’Unione Europea) uniti da una serie di principi e valori comuni: libertà e democrazia, rule of law, rispetto dei diritti umani.
Come nasce?
Il G7 nasce nella prima metà degli anni 70 del secolo scorso, a seguito della crisi del sistema di Bretton Woods e della crisi energetica del 1973, come foro informale di coordinamento in materia economica e finanziaria. Il primo Vertice dei Capi di Stato e di Governo, in formato ancora G6, risale al 1975; il formato attuale nasce nel 1976, con l’ingresso del Canada.
Come funziona?
Il G7 ha natura informale: non esiste un segretariato (come avviene invece nelle Organizzazioni Internazionali) né altre strutture permanenti ad esso dedicate. La preparazione del Vertice viene coordinata dalla Presidenza di turno, che si assume il compito di organizzare e ospitare le riunioni preparatorie nonché le varie riunioni a livello Ministeriale.
Cosa fa?
Nato come foro di dialogo e coordinamento in materia economica e finanziaria, il G7 ha esteso la sua attività fino a ricomprendere diversi altri settori dell’attività internazionale come l’aiuto allo sviluppo e il contributo alla pace e alla sicurezza globali. Va ricordato che i Paesi del G7 versano annualmente oltre il 70% dell’aiuto pubblico allo sviluppo mondiale, per una cifra superiore ai 100 miliardi di dollari (dati OCSE 2020: https://www.oecd.org/dac/financing-sustainable-development/development-finance-data/ODA-2020-detailed-summary.pdf). Negli ultimi anni, l’attenzione del G7 si è focalizzata su temi come l’energia sostenibile, la lotta al cambiamento climatico, la sicurezza alimentare, la salute, l’eguaglianza di genere.
Come lo fa?
Le posizioni assunte dai Capi di Stato e di Governo del G7 in occasione dei Vertici forniscono un contributo significativo alla governance globale e ai processi decisionali delle Organizzazioni Internazionali. Esse conducono inoltre, in diversi casi, alla realizzazione di iniziative settoriali, spesso aperte alla collaborazione di attori esterni (Paesi terzi e società civile), che producono effetti di rilievo a livello globale. Fra queste, possiamo ricordare a titolo di esempio il Fondo Globale per combattere AIDS, Tubercolosi e Malaria (Genova 2001: http://www.theglobalfund.org/en/); la Global Partnership contro la diffusione delle armi e dei materiali di distruzione di massa (Kananaskis 2002); l’iniziativa dell’Aquila sulla sicurezza alimentare (L’Aquila 2009) e, da ultimo, le iniziative a sostegno dell’imprenditorialità femminile in Africa (Biarritz 2019).
Chi controlla?
Al fine di agevolare la possibilità di verificare l’effettiva azione del G7, nel 2009 – su iniziativa della Presidenza italiana – venne creato l’Accountability Working Group (AWG), con l’obiettivo di verificare il rispetto degli impegni assunti. Per garantire la trasparenza del processo e il controllo da parte della società civile, l’AWG pubblica annualmente un rapporto in merito a uno o più settori di azione del G7; ogni tre anni viene pubblicato un rapporto omnicomprensivo.
Storia del G7/G8
L’idea di incontri periodici tra i leader politici mondiali nasce da un’esigenza “emergenziale” legata alle crisi che avevano colpito il sistema economico-finanziario internazionale all’inizio degli anni settanta del secolo scorso: il crollo del sistema di Bretton Woods nel 1971 e la crisi energetica del 1973. Proprio in tale anno, su iniziativa del Segretario al Tesoro statunitense George Schultz, i quattro Paesi più industrializzati (Francia, Germania, Regno Unito, USA) diedero vita ad un forum per le questioni di cooperazione economica e monetaria, a livello di Ministri dell’economia. Nel 1974 venne coinvolto anche il Giappone, dando origine alla denominazione G5; l’anno successivo, su iniziativa del Presidente francese Valéry Giscard d’Estaing venne convocato e ospitato a Rambouillet il primo Vertice in formato G6, con la partecipazione anche dell’Italia: l’obiettivo era discutere di temi economici e finanziari globali nel quadro di quello che venne definito un “Summit economico” tra i Capi di Stato e di Governo delle sei maggiori economie mondiali.
Il formato si allargò ulteriormente con l’ingresso del Canada nel 1976 (G7) e con la partecipazione – a partire dal 1977 – della Comunità Economica Europea (poi diventata Unione europea), con un ruolo inizialmente circoscritto agli ambiti di sua competenza esclusiva; a partire dal Summit di Ottawa del 1981 la CEE-UE ha però partecipato a tutte le discussioni dei Vertici, rappresentata dal Presidente della Commissione Europea e dal Presidente del Consiglio Europeo, anche se non esercita la Presidenza di turno del G7.
L’Unione Sovietica venne invitata per la prima volta nel 1991 ai tavoli di discussione paralleli al Vertice G7 di Londra. Successivamente, la neonata Federazione Russa venne gradualmente coinvolta nel processo G7 per arrivare alla prima partecipazione, al Vertice di Napoli del 1994, del Presidente russo Boris Yeltsin, con l’avvio del cosiddetto formato G7+1, le cui riunioni avrebbero dovuto svolgersi alla conclusione di ogni summit. A partire dal Vertice di Denver del 1997 – su invito degli Stati Uniti e del Regno Unito – la Russia entrò a pieno titolo nel formato del Vertice (G8), senza però partecipare alle riunioni dei Ministri dell’economia (c.d. finance track). Il primo Vertice sotto Presidenza russa si è tenuto nel luglio 2006 a San Pietroburgo mentre il secondo, originariamente programmato nel 2014 a Sochi, è stato sospeso a causa della crisi ucraina e sostituito da un Vertice G7, senza la Russia, organizzato eccezionalmente a Bruxelles.
L’informalità strutturale del G7 ha condotto a una progressiva dilatazione dei suoi contenuti. Da forum di coordinamento di politiche economico-finanziarie, il G7/G8 ha finito con il divenire un consesso “globale” dedito alla trattazione di tutti i principali temi di politica estera e dello sviluppo. Già negli anni ottanta si cominciarono a trattare questioni politiche e di sicurezza; a partire dagli anni novanta l’agenda dei Summit si estese a nuove questioni trasversali (commercio, cambiamenti climatici, non proliferazione nucleare). La globalizzazione dell’economia mondiale e la complessità delle nuove sfide (lotta alla povertà, contrasto al cambiamento climatico, tutela dell’ambiente, gestione ordinata dei flussi migratori) hanno spinto il G7/G8 a dedicare sempre maggiore attenzione al dialogo con i Paesi in Via di Sviluppo, in particolare con l’Africa.
Già nell’ultimo decennio del secolo scorso, le crisi economiche e finanziarie che avevano colpito una serie di economie emergenti in America Latina ed Asia avevano convinto i Ministri dell’economia del G7 della necessità di coinvolgere anche altri Paesi nelle discussioni sull’economia e la finanza globale. Su impulso dei Ministri dell’economia di Canada e Stati Uniti, nel 1998 e 1999 si tennero quattro riunioni in formati più ampi (G22 e G33); nel dicembre del 1999 venne costituito il G20 dei Ministri dell’economia, con l’inclusione – oltre ai G8 – di una serie di Paesi emergenti e dell’Unione europea.
Nel frattempo, analoghe esigenze di inclusione e rappresentatività spingevano il leader britannico Tony Blair, nel 2005, a invitare al Vertice G8 cinque Paesi emergenti con un particolare rilievo politico ed economico: Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica. A partire dal Vertice di Heiligendamm in Germania (2007), veniva istituzionalizzato il cosiddetto “processo di Heiligendamm”, che coinvolgeva i G8 più i 5 Paesi di cui sopra in un dialogo relativo a quattro aree specifiche (innovazione, libertà degli investimenti, cooperazione allo sviluppo in particolare con l’Africa, energia e cambiamento climatico).
La crisi economica e finanziaria del 2008 funse da catalizzatore del processo in corso, conducendo l’allora Presidente USA George W. Bush a convocare, nel novembre 2008, il primo Vertice a livello di Capi di Stato e di Governo in formato G20 (che include il G8 più Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Cina, Corea del Sud, India, Indonesia, Messico, Sudafrica, Turchia e Unione europea, e al quale partecipano anche diverse OO.II.: cfr. pagina del G20).
In sintesi, il carattere informale del G7/G8 ha nel corso degli anni favorito un confronto aperto tra un nucleo di Paesi in sintonia politica (anche se non necessariamente in completo accordo su ogni dossier), rivelandosi un elemento imprescindibile del suo successo. Negli anni più recenti, l’Agenda G7 si è adeguata sempre più ai mutamenti del contesto internazionale: all’interesse iniziale per i problemi di stabilità finanziaria e di coordinamento macroeconomico si è affiancata la sensibilità verso altri temi cruciali, tra cui l’aiuto allo sviluppo, i cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare, la salute globale, l’uguaglianza di genere e il ruolo delle donne, l’innovazione e il lavoro, la lotta al terrorismo internazionale, la cybersecurity, la gestione dei flussi migratori.
La struttura e l’evoluzione dell’agenda del G7/G8
Struttura e formati
Un foro informale per decisioni rapide
Il G7 è un foro di dialogo ad alto livello tra i rappresentanti delle economie più avanzate (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti, cui si aggiunge l’Unione Europea). La sua principale caratteristica è l’informalità, funzionale alla capacità di discutere e assumere in tempi rapidi posizioni comuni rispetto alle sfide globali di ordine economico/finanziario, alle crisi regionali o alle questioni ambientali e di sviluppo. Il G7 non dispone di un quartiere generale o di un Segretariato, né di un budget o di staff permanente: la Presidenza è assicurata a rotazione da ciascuno dei Paesi membri e coincide con l’anno solare, seguendo l’ordine Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Giappone, Italia e Canada. La Presidenza di turno propone i temi da includere nell’agenda del Vertice e delle riunioni ministeriali, gestisce gli incontri preparatori, predispone le bozze dei documenti finali e del Comunicato del Vertice (che viene approvato dai Capi di Stato e di Governo) e decide il formato di partecipazione/coinvolgimento delle Organizzazioni Internazionali, di Paesi terzi e della società civile (c.d. outreach).
Il processo che porta al Vertice annuale si articola in una serie di riunioni e di incontri informali, cui ogni Paese membro partecipa a diversi livelli. Il G7 è stato strutturato sin dalle origini sulla base di una struttura istituzionale incentrata sullo “Sherpa”, il “Foreign Affairs Sous-Sherpa”(FASS), il “Finance Sous-Sherpa” (FSS) e il “Political Director” (PD). Lo Sherpa (appellativo ispirato metaforicamente ai portatori d’alta quota delle vette himalayane) è il rappresentante personale per il G7 del Capo di Stato o di Governo per tutte le questioni che formano l’agenda del Vertice; è responsabile del processo preparatorio del Vertice annuale e coordina la stesura della Dichiarazione Finale. Gli Sherpa comunicano, attraverso regolari contatti, le posizioni e le proposte dei rispettivi Capi di Stato o di Governo – con cui hanno un dialogo diretto e costante – sulle principali questioni internazionali. In Italia la carica di Sherpa è tradizionalmente ricoperta da un diplomatico di alto rango.
Ogni Presidenza del G7 organizza generalmente tre o quattro riunioni degli Sherpa in preparazione del Vertice e, successivamente, altri incontri dedicati ai seguiti. Lo Sherpa è coadiuvato da: un rappresentante del Ministero degli Esteri (Sous-Sherpa Esteri) per la trattazione di una serie di temi trasversali, ambientali, economico-sociali e di sviluppo (individuati di volta in volta in base all’agenda della Presidenza); un rappresentante presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Sous-Sherpa Finanze), che si occupa dei temi economico-finanziari dell’agenda del Vertice; un ulteriore rappresentante del Ministero degli Affari Esteri (Direttore Politico) per la trattazione dei temi di politica estera e di sicurezza. Nell’ambito del coordinamento assicurato dagli Sherpa, i Sous-Sherpa Esteri e Finanze e il Direttore Politico svolgono un ruolo essenziale nel negoziato del testo della Dichiarazione Finale; inoltre, i Sous-Sherpa Finanze e i Direttori Politici gestiscono in prima persona i processi che conducono, rispettivamente, alla Ministeriale finanze (finance track) e alla Ministeriale esteri, nonché i negoziati sulle relative Dichiarazioni finali.
Gruppi di lavoro su temi specifici
Per assicurare un seguito agli impegni assunti in occasione dei Vertici annuali, oltre che il necessario approfondimento tecnico dei temi trattati, si è reso necessario lo sviluppo di appositi meccanismi di coordinamento. Sotto il coordinamento dei Sous-Sherpa Esteri e Finanze e dei Direttori Politici sono stati pertanto costituiti, nel corso degli anni, Gruppi di lavoro composti da esperti per approfondire temi specifici, quali, ad esempio, l’accesso all’acqua, la salute, l’istruzione, la proprietà intellettuale, lo sviluppo, l’energia, la non proliferazione e il supporto alle attività di mantenimento e consolidamento della pace delle Nazioni Unite. I Gruppi ricevono un mandato che può condurre alla presentazione di un rapporto finale (solitamente in occasione del Vertice) o al negoziato su elementi specifici; essi si riuniscono circa due o tre volte l’anno sotto il coordinamento dalla Presidenza di turno.
Tra i predetti gruppi rientra l’Accountability Working Group (AWG), creato nel 2009 su iniziativa dell’allora Presidenza italiana per monitorare l’attuazione degli impegni assunti dal G7/G8.
Riunioni ministeriali
Inizialmente, i Capi di Stato e di Governo erano accompagnati nelle riunioni dai Ministri degli Esteri e delle Finanze; a partire dal Vertice di Birmingham del 1998, si è deciso di separare le riunioni ministeriali da quelle dei Capi di Stato e di Governo, così da non perdere lo “spirito originale” di Rambouillet (sede del primo Vertice, in formato G6). Da allora in poi, il numero delle riunioni ministeriali – prevalentemente concentrate nel semestre che precede il Vertice – è sensibilmente aumentato, in risposta all’esigenza di affrontare, con un approccio più tecnico, le grandi questioni internazionali discusse su linee strategiche più generali dai Capi di Stato e di Governo.
Le riunioni ministeriali godono di ampio grado di autonomia organizzativa e funzionale rispetto ai Vertici dei Capi di Stato e di Governo, pur nel contesto di una generale coerenza di messaggio e unità di intenti, che è compito – e interesse – della Presidenza assicurare. Alcune delle conclusioni più rilevanti delle riunioni ministeriali vengono normalmente riflesse nel documento finale del Vertice annuale dei Capi di Stato e di Governo.
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